La quinta puntata di X Factor 2018 ha visto i concorrenti in gara presentare i loro inediti e spesso le grandi firme cedono il passo alle composizioni personali.
Anche quest’anno è arrivato il momento di tirare le somme per X Factor, che nell’ultima puntata andata in onda ha dato la possibilità ai concorrenti rimasti in gara di presentare il proprio inedito. Il quinto “episodio” dell’edizione numero 12 ha visto sfidarsi 8 talenti e il pubblico ha poi deciso per l’eliminazione di Renza Castelli della squadra di Fedez, all’ultimo scontro con la compagna di categoria Naomi.
Queste le mie opinioni sugli inediti:
Anastasio – La fine del mondo (scritto da Anastasio): il ragazzo della squadra di Mara Maionchi naviga in sicurezza nelle acque a lui care dell’hip hop. Su una base trap e sulle note iniziali di un pianoforte a solo capaci di catturare l’ascoltatore nel mood del brano, Anastasio canta un testo emotivo e introspettivo, che racconta i tempi “bui” in cui stiamo vivendo. La fine del mondo è persino auspicabile e diventa coriandoli su una “folla che salta all’unisono”, se la sola cosa che la realtà sa offrire sono facce spente e mode che appiattiscono il vivere e la personalità di ognuno. Sicuramente un bel brano con un bel testo, arricchito dall’interpretazione sentita e trascinante di Anastasio, probabile vincitore di quest’edizione. Voto 8 e 1/2.
Martina Attili – Cherofobia (scritto da Martina Attili): la cantante di Manuel Agnelli era la vincitrice annunciata alla vigilia dei live, ma agli occhi del pubblico è stata costretta a cedere il posto ad Anastasio. Su una base che riprende il sound contemporaneo di Francesca Michielin, la cantautrice diciassettenne canta un testo autobiografico che ha la forma di un diario, quasi uno sfogo, un flusso di parole che immagina di rivolgere ad un ragazzo che ama per spiegargli cosa la opprime e non le permette di vivere serenamente. La cherofobia è l’ansia da felicità, la nuvola grigia che ti schiaccia e non ti accorgi che è lì, raccontata qui con immagini vivide nelle strofe, mentre il ritornello si apre alla speranza, forse possibile “E sento il respiro che manca e sento l’ansia che avanza, fatemi uscire da questa benedetta stanza!”. Tra gli inediti più forti e originali, voto 8.
Luna Melis – Los Angeles (scritto da Dagani, Fracchiola, Jake La Furia, Raina): della squadra delle under donna, il brano parla (esternamente) della distanza dal suo ragazzo, espediente che coglie per raccontare (in realtà) se stessa attraverso un quadro ricco di similitudini e metafore “sono qui a cercarmi non solo per il successo, metto un’altra immagine al profilo, ma è lo stesso tetto dove io ti aspetto dove io rinasco e cresco”. Il testo, a tratti banale e un po’ troppo autoreferenziale (ma del resto nel mondo del rap va di moda), poggia su una base sopraprodotta con uno stile decisamente americano. Voto 6.
Renza Castelli – Cielo inglese (scritto da Bungaro, Chiodo, Rakele): l’inedito più classico e onestamente autoriale della folta schiera di quest’anno. In Cielo inglese la classicità dell’incipit diventa moderna per accompagnare il tessuto vocale di Renza (vicino ai colori di Arisa) e, con delicatezza ed eleganza, raccontare la fine di una storia d’amore citata nella forma di un quadro di Chagall (il cantato, a tratti sussurrato, trasporta l’ascoltatore in una dimensione quasi onirica). Qui il paragone è con il cielo inglese, che si fa di lacrime e bagna i resti di due amanti costretti a fare i conti con quanto il tempo li abbia cambiati “Nel disordine non siamo più gli stessi e non si può sopravvivere per restare fermi”. Il brano che preferisco, combinazione ben riuscita di melodia classica e arrangiamento contemporaneo, con un testo ricco di immagini e spunti originali. Voto 9.
Bowland – Don’t stop me (dei Bowland): la vera cifra internazionale di quest’edizione, a metà tra i suoni dei Depeche Mode e la ricercatezza urbana di Dido. Le percussioni sono le protagoniste di questo brano dei Bowland puramente elettronico, che racconta la voglia di fare il proprio percorso essendo liberi di scegliere, di volare con le proprie ali “Don’t stop me, I’me dreaming, flying, to go”. Fresco e originale nelle atmosfere, voto 8 e 1/2.
Naomi – Like The Rain (Unpredictable) (scritto da Fortunato Zampaglione): l’operazione fatta in questo caso è la stessa scelta per il vincitore dello scorso anno, Lorenzo Licitra (stessa firma). Un brano è dichiaratamente classico, nella forma di una ballata dallo stile americano. L’inedito di Naomi canta l’inizio di un amore, imprevedibile come la pioggia, e racconta le sensazioni nuove e i pensieri che suscita “Now every time i talk my words don’t come out right and every time you touch my body feels like fire”. La cantante di Fedez è molto dotata vocalmente, ma la sua personalità non viene fuori da questo brano, sicuramente prevedibile. Voto 6 e 1/2.
Leo Gassmann – Piume (scritto da Lewis Capaldi, tradotto da Leo Gassman): ballata moderna ed elettronica, che permette al cantante di Mara di dare sfoggio del suo “vocione”, bello e vibrante sui basse e, tuttavia, incerto e urlato nel ritornello. Il brano non è di quelli memorabili e la storia d’amore qui è resa dall’antinomia sogno/dolore, eco lontana di danno/amore di Venditti (Unica). Voto 5.
Sherol Dos Santos – Non ti avevo ma ti ho perso (testo di Manuel Agnelli e Raina): ennesima declinazione del sentimento amoroso, ma la veste è qui uptempo. La classicità iniziale cede il passo a ritmi serrati e suoni vicini alle atmosfere della prima Emeli Sandé. Per Sherol vale lo stesso discorso di Naomi: vocalità preparata e importante, non valorizzata da un brano dimenticabile e, in questo caso, da una produzione marcatamente soffocante. Come racconta lo stesso titolo, il brano parla di una storia d’amore che forse non c’è mai stata. Voto 6 e 1/2.
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